Furiadoc

Da Custodi Della Fiamma Di Anor.

Versione delle 13:38, 29 set 2010, autore: Dekus (Discussione | contributi)
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)


Furiadoc
Maestro -MIA
Race: Hobbit
Region: Contea
Sex: Maschio
Class: Burglar-icon.png - Burglar
Vocation: "Una tasca è una tasca"

Indice

Mi Presento!

Furiadoc nella contea


Mi chiamo Furiadoc Tuc, rampollo della grande famiglia Tuc che abita nei Grandi Smial. Sono nato nel 1402 secondo il calendario della Contea (3002 secondo il calendario delle altre razze) il primo giorno del mese giugno da Ninfea Boffin e Boldoc figlio di Hildeboldo, figlio di Isemboldo, figlio di Gerontuis il Vecchio, figlio di Fortinbras I, figlio di Ferumbras II, figlio di Isumbras III, figlio di Isengrim II. Sono orfano dall'età di tre anni in seguito ad un incidente occorso ai genitori mentre traversavano il fiume Brandivino su un'infida barca, così vengo cresciuto del nonno paterno, Hildeboldo.

Fin da piccolo mi cimento in piccoli ed innocui furtarelli di funghi e ortaggi che imparo a cucinare in un'infinità di ricette. Crescendo, a causa delle mie marachelle vengo isolato dai coetanei, così comincio a fare lunghe passeggiate solitarie nei tranquilli boschi della Contea. Con il passare del tempo i percorsi diventano sempre più lunghi e sconfinano addirittura alle parti più esterne della Vecchia Foresta e lungo tutto il corso del Brandivino fino al mare sperando di ritrovare i miei genitori affogati tempo prima nel maledetto fiume, durante questi vagabondaggi comincio ad avere le prime avventure che contribuiscono ad emarginarmi dalla tranquilla e pacifica società Hobbit. Crescendo comincio ad avere contatti con gli stranierei che attraversano la contea e i territori circostanti,come i Raminghi, gli Elfi che si dipartono dalla terra di mezzo e i Nani che lavorano nei Monti Azzurri. Intanto i miei contatti con i parenti nella contea si riducono a sporadiche visite non molto gradite.

La Storia di Furiadoc

Così incontrai i Custodi

Ecco la storia di come io, Furiadoc Tuc incontrai Veon.

Mi ero incaricato di recarmi nelle terre di Brea per vendere dei prodotti caserecci fatti da alcuni compaesani di Tucborgo, infatti siccome tutti, nella contea, erano al corrente della mia passione per i viaggi avevano incaricato me di questo compito! Ovviamente quelle leccornie sono state avidamente acquistate da quei golosi dei breatini in men che non si dica, così ho deciso di restare ugualmente qualche giorno a brea ed esplorare i dintorni.

E' incredibile la quantità di chiacchiere che si sentono nelle locande! Secondo alcuni il villaggio di Arceto era sotto la costante minaccia di un gruppo di banditi che atterrivano la popolazione e rendevano pericolose le strade. Il mio spirito Tuc non poteva resistere ad un simile richiamo, così mi incamminai cautamente verso Arceto per dare un'occhiata alla situazione. In effetti la comunità era in subbuglio, un ramingo giaceva all'angolo della strada ferito e farneticava di Cavalieri Neri ed altre mostruosità. Sfruttando la mia bassa statura mi avvicinai per ascoltare meglio, arrivo ad un passo dal ramingo e quello, in un raptus improvviso, mi affera per il bavero della camicia e mi dice "Cosa ci fa un campagnolo della contea da queste parti?" io abbastanza confuso e spaventato gli rispondo "Ho sentito della faccenda dei banditi e vorrei dare una mano". Lui allenta la presa ma continua a fare domande "E cosa pensi di poter fare, piccoletto?" "So maneggiare i coltelli e camminare senza essere visto, ci sarà sicuramente qualcosa per cui posso rendermi utile" "Hai del fegato piccoletto!" detto questo mi tira a se in modo da sussurrarmi all'orecchio e non farsi sentire dalla piccola folla incuriosita "sono in atto grandi eventi, piccoletto; cerca Veon, lui saprà aiutarti!" poi perde i sensi e subito vengo spinto via da una donna vicino a me che cerca di farlo rinvenire.

Confuso e sconcertato dalla strana conversazione mi avvio verso la locanda per bere un boccale e schiarirmi le idee. L'interno è caldo e puzza di sudore, le luci soffuse, chiamo l'oste ed ordino da bere. Poco dopo l'oste torna con un boccale stracolmo e lo posa sul tavolo, lo ringrazio e decido di chiedere informazioni circa questo fantomatico Veon: "Mi scusi conosce un certo Veon?" L'oste risponde a metà tra il sorpreso ed il divertito "Per bacco! Fino a ieri non lo conoscevo, è un forestiero, non so nulla di lui; ma che la mia birra si guasti se da ieri almeno in venti non hanno chiesto di lui. E' quel tizio con gli occhi verdi seduto laggiù, ma fate attenzione, gente strana gira intorno a lui" Lo ringrazio, pago e scolo la mia birra. Poi mi alzo e titubante mi dirigo verso Veon. "Possiamo scambiare due parole?" gli chiedo "Certamente Messer Hobbit" risponde lui cortesemente "Sono venuto fin qui perchè vorrei aiutare Arceto nella sua lotta contro i briganti, ed un ramingo ferito qui in strada mi ha detto di cercare te, ha detto che avresti potuto aiutarmi..." "Questo non è il posto adatto per capire se posso aiutarti o meno" detto questo mi invita a seguirlo all'esterno, sempre con quel suo fare cortese ma deciso.

"Dove stiamo andando?" chiedo mentre usciamo dalle porte del villaggio "All'accampamento dei banditi!" risponde Veon del tutto tranquillo "E perchè mai?" chiedo ingenuamente "Volevi dare una mano ad Arceto? Sto cercando di capire se io posso aiutare te, e quindi se tu potrai aiutare il villaggio." A questa risposta decido ti tacere ed attendere.

Arriviamo alle porte dell'accampamento dei briganti e ci nascondiamo tra le frasche... Veon mi indica un piccolo barilotto vicino all'ingresso e mi dice "Vedi quella botticella? li dentro c'è una potente polvere esplosiva, tu devi prenderla ad ogni costo, se i briganti capiscono che noi vogliamo rubargliela la metteranno sicuramente sotto stretta sorveglianza e poi lo useranno contro la popolazione di Arceto. Se andrai dovrai portare a termine il tuo compito, costi quel che costi, anche se verrai ferito dovrai continuare fino alla morte!" "Ci proverò!" rispondo io "No, non devi provarci e basta, devi farlo e non fermarti per nessun motivo" "Ho capito, prenderò quel piccolo barile!!" "Bene, allora vai!" Mi guardo un attimo intorno, poi con un balzo passo al di là della soglia e mi nascondo dietro una grossa botte, alt, sento dei passi, un brigante sta uscendo dal campo, aspetterò che passi oltre. Infatti il bruto passa davanti alla botte e prosegue senza accorgersi di nulla; esco dal mio nascondiglio e mi avvicino furtivamente alla botticella di povere esplosiva, sto per chinarmi a prenderla quando sento un grido d'allarme del brigante "Intruso, intruso!", il brigante che era passato prima deve aver scoperto scoperto Veon!! "AIUTOO!" oh no, è Veon ,non è armato, devo aiutarlo! Senza pensarci due volte mi giro di scatto sui talloni, lasciando perdere il barilotto, e mi slancio nella direzione del nascondiglio di Veon e vedo che lui ed il brigante stanno lottando a terra convulsamente, Veon sembra avere la peggio, il brigante è sopra di lui e sta estraendo un coltello; raccolgo le energie e mi lancio di spalla contro il fianco del brigante chinato sopra Veon, l'impeto della botta fa perdere l'equilibrio al brigante che cadendo batte la testa e rimane al suolo inerme. Veon si rialza ma non mi guarda, bensì guarda dietro di me, mi giro anche io, tre grossi briganti sono accorsi al grido d'allarme del loro compagno ormai svenuto. Penso: "siamo spacciati, cosa posso fare io contro quei tre? non posso certo contare su quel pappamolla di Veon! nemmeno con uno se l'è cavata...". Mentre lo penso vedo Veon che con un unico fluido movimento raccoglie da terra il coltello con cui il brigante aveva cercato di ucciderlo e balza fulmineamente verso i tre briganti conficcando il coltello nel collo al primo, il secondo estrae la spada e mena un poderoso fendete contro Veon, il quale, come se fosse la cosa più naturale del mondo, si scansa schivando la spada, il brigante nella foga ha esposto tutto il busto e Veon ne approfitta sferrando gli un pugno talmente forte che quello si accascia a terra gemendo di dolore poi perde i sensi, il terzo se la da a gambe urlando ma Veon lancia il coltello che va a conficcarsi tra le costole del malcapitato che stramazza la suolo. Al che Veon si gira verso di me e mi dice "Gambe in spalla Messer Hobbit, questo non è più posto per noi, torniamo di corsa in città!"

Dopo una corsa pazzesca torniamo in città e ci sediamo ansanti. "Perché mi hai trascinato via? non ho preso quel barile di polvere, avevi detto che dovevo farlo anche e costo della vita!" "Quello era un barilotto qualunque, sarà stato pieno di birra..." "Allora perchè mi hai fatto fare quello che ho fatto? e poi, perchè hai grida aiuto? avresti potuto sbarazzarti facilmente anche di quel brigante come hai fatto con gli altri tre! voglio delle risposte!" "Quanta animosità Messer Hobbit, avrai le tue risposte. Quella era una prova, e l'hai superata mettendo al primo posto la vita di un Compagno rispetto all'oggetto qualsiasi missione. I Compagni sono più importanti di qualsiasi cosa, tu dipendi da loro e loro da te. Dopo questa prova posso ammetterti nell'ordine dei Custodi della Fiamma di Anor, ed anzi, siccome mi sei simpatico e sei il primo Hobbit che rientra a far parte di quest'Ordine da molto tempo a questa parte ti nominerò Maestro."

Così conobbi Veon, in seguito mi presentò gli altri Maestri e gli altri Custodi, spiegandomi tutto sull'Ordine. Dopodiché tornai nella contea per svolgere i miei compiti per l'Ordine tenendo d'occhio le frontiere e facendo da punto di riferimento per tutti quegli Hobbit che sentissero il bisogno di combattere contro i malvagi che infestano la Terra.

Un' importante decisione!

Anor splendeva lato nel cielo ed io mi godevo un po' di erba pipa seduto sotto l'albero della festa a Hobbiville godendomi un po' di meritato riposo, dopo aver aiutato gli i boscaioli di overhill ad eliminare un po' di grossi ragni che si stavano avvicinando un po' troppo al villaggio. Ad un tratto mi accorgo di un giovane hobbit che fermo davanti a me, li per li mi abbasso il cappello sugli occhi e continuo con la mia meritata siesta. "coff coff, chiedo scusa messer Furiadoc..." mi apostrofa il ragazzino, che fastidiosa vocetta acuta che ha questo, mi sta già dando i nervi sollevo pigramente il cappello dal viso e squadro il ragazzino dal basso all'alto. "si sono io, che vuoi da me marmocchio?" biascicando "è appena arrivata una lettera per lei" porgendomi una busta di pergamena ingiallita. mi alzo, mi scuoto la polvere dai vestiti e prendo la busta congedando il ragazzino con un cenno di ringraziamento. faccio per parire la lettera quando mi accorgo che il moccioso mi sta ancora fissando con quegli occhioni vaqui. "cosa fai ancora qui? non hai niente da fare? sciò sciò..." "la mancia signore" e stende il braccio aprendo il palmo. mi frugo in tasca, estraggo qualche copper e li porgo al ragazzino che prontamente se la da a gambe saltando il muretto di cinta e poi giù verso il paese per prendere nuove consegne dal postino locale. Finalmente libero da quella presenza apro la lettera

A Furiadoc Tuc, maestro dell'ordine dei Custodi della Fiamma di Anor Messer Furiadoc della Contea, l'ordine ha bisogno dei sui servigi. L'oscurità sta avanzando e molta gente si è unita all'ordine in tempi recenti, il che rende urgente la nomina di nuovi maestri per coordinare i nuovi gruppi. Qui di seguito sono indicati i nomi dei candidati più meritevoli: Ifareth Mithlin Xiv E' volontà del Gran Consiglio che tu ti rechi nel rifugio elfico di Imladris, alle pendici delle montagne nebbiose, per chiedere, in merito alla questione, il consiglio di Elrond il saggio e di Gandalf il grigio, il quale secondo le nostre fonti arriverà li a breve.

Che Anor possa guidare i tuoi passi lontano dai pericoli e che la Sua luce possa indicarti la via. Firmato "Gran Consiglio dei Custodi"

"Per mille pinte! Mi toccherà proprio fare una passeggiata!" In dieci minuti ero pronto per il viaggio con le mie daghe al fianco ed il fagotto con le provviste in spalla. La strada fino a Brea la conoscevo molto bene avendola percorsa molte volte ed il viaggio fu agevole lungo l'antica Via Est. Arrivato in città ho preferito non entrarvi per via della ressa frenetica che odio e dell'irresistibile richiamo della birra del Puledro Impennato che sicuramente mi avrebbe fatto sviare dal mio compito perciò pernottai sotto le stelle di Varda come ormai era mia abitudine. Il mattino seguente di buon ora mi misi in cammino costeggiando la siepe settentrionale di Brea fino a ricongiungermi alla Via. Dopo nemmeno una lega vedo sbucare dal lato della strada un robusto nano con lo scudo sulle spalle e immediatamente lo riconosco come Korman, un membro dei Custodi anche lui, così lo chiamo per nome e lui subito si gira con quel fare brusco che hanno i nani. "Messer Furiadoc! Quale rarità incontrarti fuori dalla contea. Che affari ti portano da queste parti?" "Sono in viaggio per Imladris, per conto del Gran consiglio dei Custodi. Tu invece?" "Devo parlare urgentemente con Radagast il bruono, nelle terre solitarie. Possiamo fare un tratto di strada insieme, che ne dici?" "Camminare in compagnia è sempre meglio che soli. Mettiamoci in marcia!" Così ci siamo messi in cammino, insieme. Subito dopo aver lasciato le terre di Brea abbiamo deciso di fare una piccola sosta in quella locanda con il tetto sfondato situata a nord della via. Siamo entrati ed abbiamo ordinato un paio di boccali di sidro. Poi siamo usciti per continuare la nostra marcia, con un lieve malditesta. Il viaggio lungo la Via non ha presentato grandi difficoltà, a parte qualche Warg troppo vicino al ciglio della strada che ci ha costretto a deviare per evitarlo. Arrivati al crocevia ci siamo salutati e Korman si è diretto a nord per incontrare Radagast, mentre io ho continuato verso est in direzione delle montagne nebbiose e delle colline dei troll che già si delineavano sull'orizzonte.Dopo giorni di cammino sono giunto finalmente al guado del Bruinen dopo aver attraversato l'ultimo ponte e le colline dei troll. Da li in poi la strada si è fatta più ardua. Ho cominciato ad inerpicarmi su per un sentiero che sale a zigzag la l'alta sponda del fiume, ma quasi subito mi sono accorto di non essere solo, la zona intorno a me pullulava di Giganteschi orsi e linci predatrici, nonchè grossi insetti provenienti dalla piccole paludi settentrionali. così ho deciso di tornare ai guadi per prepararmi ed attendere che le tenebre si infittissero per riuscire a passare inosservato. Giunta la notte mi sono caricato il fagotto in spalla ed ho fasciato le armi con del panno morbido perchè non tintinnassero e tradissero così la mia presenza. Comincio la scalata, nascondendomi furtivo dietro alle roccie, aspettando il momento giusto per sgusciare dietro agli enormi orsi (per farvi un'idea: sono 2 o 3 volte più grossi di quelli del nord della contea). Con infinita pazienza e cautela, degne del grande scassinatore Bilbo, riesco ad arrivare in cima dove mi trovo davanti ad una zona selvaggia, battuta dai venti alle pendici dei monti nebbiosi. Anche qui è pieno di animali feroci, ma la vastità dello spazio mi garantisce una certa possibilità di manovra percui li evito agevolmente. Purtroppo però il sentiero che stavo seguendo si perde nella vegetazione ed è impossibile seguirlo, probabilmente con i tempi che corrono gli elfi di Gran Burrone l'avranno dissimulato apposta per non avere intrusi indesiderati, così prendo approssimativamente la direzione nord, nord-est sperando di trovare qualche segno dell'elfica presenza. Fortunatamente quando inizia ad albeggiare ritrovo il sentiero e con grande gioia lo seguo tutto il giorno pregustando il letto caldo che mi aspetta nell'ultima casa accogliente. Dopo mezza giornata di viaggio arrivo passa un valico mi trovo difronte alla vallata di Forraspaccata, ma avendo camminato ininterrottamente dal giorno prima decido di concedermi una breve sosta contemplativa, purtroppo mi addormento e mi svegli solo al tramondo. Rinfrancato dal pisolino e dalla strana atmosfera che aleggia scendo verso Imladris a grandi balzi. Il primo ad accogliermi è una sentinella che mi interroga sul motivo della mia visita, ma non reputandomi una minaccia e riconoscendo la mia onestà mi lascia passare senza porre ostacolo. Le pinete che circondano la valle sono stupende e si sentono i canti allegri degli elfi e le loro squillanti risate! Arrivo alle prime costruzione e scorgo un gruppo di elfi che denzano sotto le stelle accompagnato da un flauto, uno di loro vedendomi passare mi invita a danzare con loro ed io non posso che accettare. Quando tutto si placa mi sento ancora più in forze di prima, nonstante la sfrenata danza. Passo sopra un ponte e arrivo alle stalle dove scorgo una figura più minuta e bassa delle altre, a piedi scalzi. Il cuore mi balza in petto per la sorpresa! "Pipino, cugino mio, cosa ci fai qui?" "Fufu! Faccio la stessa domanda a te? Io ho accompagnato mio cugino Frodo per affari Top Secret." "Va bene, tieniti i tuoi segreti, io terrò i miei..." rispondo io. "Ma perchè non vai a salutare gli altri? Ci sono qui anche Merry, Frodo, Sam e perfino il vecchi Bilbo." sono tutti nei pressi della casa di Elrond! Per arrivarci segui il sentiero verso nord, passa il ponte e poi piega a est. 200 metri e sei arrivato!" "Corro! Stammi bene cugino! Addio" "Addio Fufu. Riguardati!" Mi precipito a rotta di collo verso la casa di Elrond, e li come previsto incontro gli hobbit, tutti tranne Merry che nessuno sa dove si è cacciato. Frodo è molto stressato e non scambiamo che qualche parola di ringraziamento, Sam invece è perso in contemplazione dei suoi amati elfi. L'unico che sembra a suo agio è il vecchio Bilbo che per ringraziarmi della visita mi racconta un sacco di storie nella Sala del Fuoco e mi parla di un sentiero che ha scoperto lui che mi permetterà di arrivare a casa velocemente. Dopo i saluti mi dirigo ai piani alti per incontrare Elrond e Gandalf, per sottoporgli la questione della nomina dei Maestri dell'ordine. Quando li incontro porgo loro la lettera del gran maestro che era arrivata insieme agli ordini per me. Loro leggono poi dopo essersi brevemente consultati Gandalf mi dice:"Di al Gran Maestro che appoggiamo la sua scelta. Sono ottimi elementi, si dimostreranno degli della fiduca riposta in loro." Mi inchino profondamente e faccio per andarmene ma Elrond mi blocca. "Mi è giunta voce che sei un ottimo ballerino, danza per noi." Sorpreso per la richiesta ed un po' imbarazzato incomincio a danzare, dopo poco inizio a scioglermi, e nella foga balzo su un tavolinetto con appoggiati sopra i cocci di una lama in frantumi. Non l'avessi mai fatto! Elrond si gira di scatto e senza complimenti mi sbatte giù dal tavolo gridanto "Sacrilegio! Sacrilegio! Guardi venite qui e scortate questo giovane hobbit fuori dalla mia casa, e badate che non combini altri disastri!" Vai a capirli questi elfi. Io dal canto mio mi lascio sbattere fuori senza opporre resistenza e dopo un breve riposo ed aver spedito una cartolina la mio amico Tobaldo mi accingo a seguire la mappa della scorciatoia fornitami da bilbo per arrivare in tempo nella contea e portare ne buone notizie alla riunine di gilda che si sarebbe tenuta da li a pochi giorni nella locanda "la pertica d'oro".

La partenza di Furiadoc

Una calda brezza estiva faceva frusciare le foglie degli alberi nel chiostro e Furiadoc fumava la sua pipa appoggiato al grande tronco di una magnolia. La placida calma venne interrotta dall'aprirsi di una porta cigolante seguito da pesanti passi e sferragliare di armatura a piastre. Furiadoc si risveglò dal torpore che lo pervadeva pensando a quanto chiasso facesse inutilmente la Gente Alta. I passi si fermarono e Furiadoc sentendosi chiamare si voltò e riconobbe il valoroso Capitano Ifareth con il suo grasso araldo. "Io ho finito; il Gran Maestro ti attende, muovi quei tuoi piedi pelosi." disse Ifareth. "Grazie." rispose Furiadoc avvicinandosi alla porta rimasta aperta, "Possa Anor proteggere la tua chiassosa armatura!" "E che guidi i tuoi passi, Messer Furiadoc."

Attraveso la porta si accedeva ad un corridoio, bagnato dalla calda luce che irrompeva dalle grandi vetrate, ed in fondo al corridoio un'angusta scala a chiocciola in pietra portava attraverso una botola alla stanza dove il Gran Maestro riceveva i Custodi o gli ambasciatori di chiunque combattesse per le Libere Genti, ma mai gli abasciatori dell'Avversario, giacchè con questi i Custodi non venivano a patti, perchè latori di menzogne e false promesse; l'unico luogo adatto al loro incontro era il campo di battaglia! Mentre saliva la ripida scala Furiadoc si chiedeva come avesse fatto Ifareth con il suo gabbione di metallo a passare di lì. Poi giunse alla botola, la aprì, salì e la richiuse.

Si trovò in una spaziosa stanza circolare con vetrate colorate istoriate con scene tratte dai Lai del Beleriand; Furiadoc non era un esperto di storia ma riconobbe la fugura di Turin, di cui suo fratello Ghiro gli aveva cantato le vicende, con in capo l'Elmo di Drago del Dor-Lomin e al suo fianco Beleg Cuthalion, il massimo per destrezza, sopravvivenza nelle selve e arte del tiro con l'arco, tra tutti gli elfi che mai calpestarono il Beleriand. Lì accanto, meditativo, stava Veon: il Gran Maestro. Furaidoc si inchinò profondamente e il Gran Maestro ricambiò il saluto chinando leggermente il capo, poi sistemandosi una ciocca di bianchi capelli che gli era caduta sugli occhi si rivolse all'Hobbit in attesa. "Ebbene giovane Mastro, hai chiesto di parlarmi... Ti ascolto." "Gran Maestro, chiedo le dimissioni dall'incarico di Maestro..." Veon a quelle parole Fissò Furiadoc dritto negli occhi, come per sondarne lo spirito, ma lo lascio continuare. "...Nella Contea il prezzo dell'erba-pipa è alle stelle e sebbene i raccolti siano abbondanti se ne trova difficilmente in giro. C'è chi dice che sia una strategia commerciale, ma altri giurano di aver visto carri carchi di erba-pipa di Pianilungone dirigersi a sud scortati da loschi figuri della Gente Alta, armati di tutto punto e prepotenti." "Io sospetto che ci sia sotto qualcosa di più, infatti una notte ho seguito per qualche miglio una di queste carovane e ho origliato di nascosto una conversazione... Ho scoperto che il capo di questi uomini nonchè unico destinatario dell'erba-pipa è un certo Sharkey che vive al di là della Breccia di Rohan." "Perciò vorrei seguire una di queste carovane fino alla loro destinazione perchè questa faccenda mi puzza come un goblin morto e non voglio che questo tanfo contagi la Contea" Il Gran Maestro attese alcuni attimi poi con voce solenne così parlò: "Mai ho impedito, e mai impedirò, ad un Custode di seguire il suo destino. Tuttavia ti propongo una soluzione differente all'abbandono del tuo incarico di Maestro e dell'ordine dei Custodi della Fiamma di Anor." "Otterrai un congedo momentaneo per inseguire la tua amata erba-pipa e al tuo ritorno verrai riammesso alle riunioni del Gran Consiglio, ma non più in qualità di Maestro bensì di Saggio, giacchè sei con i custodi dell'inizio e retengo utile ascoltare le tue opinioni, tuttavia a differenza dei Maestri non avrai potere decisionale." "Ma sappi inoltre, che secondo il mio parere, questa cerca di farà solo perdere tempo ed energie se non qualcosa di più prezioso." Così parlò Veon. "Con tutto il rispetto" comincio Furiadoc "è possibile che dove la saggezza dei grandi vede solo perdite di tempo l'istinto e l'iniziativa dei piccoli riesca a trovare qualcosa di utile." "Per quanto riguarda la tua proposta posso comunicarti che sono felice di accoglierla, infatti amo i Custodi e l'idea a di lasciarli mi opprimeva il cuore; sarà sempre un onore servirti Gran Maestro." "Avrei un'ultima richiesta però; ti chiedo di poter prendere con me mio fratello Ghiro, perchè non accetterebbe di stare a casa e in due saremo più al sicuro." Il Gran Maestro come al solito si prese un attimo di tempo per ponderare poi parlò: "Vedo che sei deciso a partire, perciò acconsento che tu, Furiadoc Tuc, e tuo fratello, Ghiro Tuc, paritate insieme per questa ricerca. Al vostro ritorno sarete riammessi nell'ordine dei Custodi della Fiamma di Aron, tu con il grado di Saggio e tuo fratello con il grado di Custode che ha sempre onorato." "Infine ricorda che tu non servi me, ma che insieme serviamo la Luce della Fiamma di Anor!" Furiadoc si inchinò e questa volta anche Veon lo fece, conscio del fatto che sarebbe potuta essere l'ultima volta che avrebbe avuto l'ocasione di farlo di fronte al giovane Hobbit.

Così i due si separarono, Furiadoc ripercorse la strada a ritroso e già sentiva il pizzicorino dell'adrenalina che si risveglia quando ci si accinge ad intraprende un viaggio verso l'ignoto. Uscito della'edificio l'Hobbit si fermò a volse il suo sguardo ad Anor, il sole, come a volerne trarre ispirazione e coraggio, ma proprio in quel moentre una scura nuvola si parò davanti all'astro oscurandone la luce. Senza badare troppo al cattivo presagio Furiadoc abbassò gli occhi, controllò che non ci fosse nessuno in vista e improvvisamente scomparve tuffandosi furtivo tra le fitto ombra del bosco.

Il Ritorno di Furiadoc

Furiadoc non si era mia sentito così stanco, erano molti giorni che camminava in preda alla follia e alla disperazione, ed era solo grazie a queste che ancora si reggeva in piedi. Da due giorni nevicava ininterrottamente, aveva i piedi quasi congelati, gli abiti e la cappa zuppi d'acqua gli aderivano al corpo incrostati di sangue vecchio e sporcizia, si era disfatto da tempo dell'armatura in cuoio leggero e delle armi. Il giorno volgeva ormai al termine quando finalmente giunse in vista del quartier generale dei Custodi, ma lo sconforto lo assalì quando vide che nessuna finestra era illuminata, tuttavia il portone era socchiuso quindi Furiadoc entrò, ma l'interno del chiostro emanava la stessa sensazione di abbandono della facciata esterna. La disperazione di Furiadoc, che si sentiva in fin di vita, arrivò al culmine e la rassegnazione ebbe il sopravvento. Appoggiò la schiena al tronco della magnolia sotto cui tante volte aveva fumati fino all'estate precedente; ma ora non aveva più nemmeno la pipa. Era perso tra questi dolci ricordi quando una forte raffica di vento scosse i rami dell'albero facendone cadere la neve che li ricopriva. Furiadoc, che in situazioni normali avrebbe agilmente evitato la valanga, non ebbe né il tempo né la voglia di spostarsi; ormai continuare a lottare non aveva più senso, così la neve lo ricoprì come un bianco sudario e l'Hobbit si abbandonò ad un sonno senza sogni vicino alla morte.

Al suo risveglio Furiadoc si trovò in un letto con lenzuola pulite, un piccolo camino riscaldava la stanza e seduto immobile accanto al letto stava un pallido Hobbit con una folta capigliatura nera come la notte senza stelle. Furiadoc con fatica si mise a sedere, tutto era sfuocato e aveva un vago senso di vertigine. L'altro Hobbit sentendo il movimento di Furiadoc si girò per aiutarlo, ma vedendolo già seduto con la schiena appoggiata alla testata del letto finemente intagliata gli rivolse un gran sorriso e disse: "Pazzo di un Tuc, finalmente ti sei svegliato... è ora della terza colazione!" I sensi di Furiadoc erano ancora un po' indolenziti ma a sentire quella voce inconfondibile trasalì: "Tobaldo! Amico mio, che gioia sentire la tua voce. Non sono dunque morto? o lo sei anche tu e questo è l'aldilà degli Hobbit?" "No, sei vivo, ma c'è mancato poco." "Quando Biosasso, che passava nella vecchia sede per prendere delle scartoffie. ti ha portato qui nelle aule di Thorin eri una specie di ghiacciolo insanguinato. E se non fosse stato per le tempestive cure che hai ricevuto da Biosasso appena ti ha trovato e dagli altri curatori qui nella Casa dei Custodi saresti sicuramente morto." "A proposito, come hai fatto a ridurti in quello stato? e che ne è di Ghiro, non era forse con te?" Un ombra passò sul visto di Furiadoc che cominciò a piangere a dirotto serrando i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne. Poi, ripreso un poco il controllo, tra le lacrime cominciò a raccontare: "Ghiro non è più tra i vivi." "Avevamo appena superato la Breccia di Rohan quando un gruppo di strani orchi, con l'emblema di una mano bianca dipinta sugli scudi e sugli elmi, si unì alla scorta della carovana di erba-pipa." "Noi eravamo accampati appena a nord della carovana e proprio da quella direzione arrivarono quegli spaventosi aborti della natura." "Ci dileguammo in tutta fretta ma facemmo in tempo a cancellare completamente le tracce del nostro bivacco. Così la nostra presenza fu svelata e quelli subito presero a cercarci, e grazie ad un ottimo fiuto, suppongo, si sono subito messi sulla pista giusta." Io e Ghiro ci siamo diretti a nord-est per tentare di rifugiarci ad Isengard dove sapevamo dimorare uno degli stregoni dell'ordine di Gandalf il Grigio." "Per tutto il giorno siamo sfuggiti agli strani orchi, che nemmeno sotto il solleone hanno rallentato l'andatura. Ma con il calare della tenebra le cose sono peggiorate, infatti dal cerchio di Isengard, che scorgevamo in lontananza, un rosso bagliore illuminava l'aria e in tutta la zona circostante trovammo molte tracce di orchi che andavano e venivano, pensammo che la mitica torre di adamante fosse caduta sotto i loro colpi e data alle fiamme, così cercammo di gabbarli dividendoci e creando finte piste per poi rincontrarci a ovest della Breccia di Rohan e tornare in fretta a fare rapporto al Gran Maestro." "Camminai per tutta la notte senza sosta. Arrivati al fiume Isen poco prima dell'alba, mi spogliai dell'armatura e delle armi buttandole nei flutti cosicché gli orchi non le scoprisse, poi mi spogliai e feci un fagotto con gli abiti e un unico pugnale , tenuto in per le emergenze, e tenendoli alzati per non farli bagnare mi misi a nuotare verso la riva ovest. Quando, ormai al centro della corrente, mi capitò a tiro un tronco bruciacchiato mi ci afferrai. Non era l'unico tronco portato dalla corrente e probabilmente era frutto della devastazione di Isengard. Mi lasciai portare un po' verso sud aggrappato al ceppo per sviare ulteriormente gli inseguitori." "Il silenzio era completo, fatta eccezione per il placido gorgoglìo dell'acqua. Ma ad un tratto sentii voci rauche di orchi schiamazzare sulla riva, così mi sbrigai ad attraccare e nascondermi prima di essere avvistato. Mi rivestii in fretta e con l'unico coltello rimastomi, stretto nel pugno, mi avvicinai furtivamente per origliare. Fortunatamente i due orchi erano di etnie diverse e parlavano Ovestron, seppur in modo odioso a sentirsi. Dicevano di avere sotto controllo le mosse di un Hobbit e che stavano per tendergli un'imboscata." "il mio pensiero andò a Ghiro e subito, senza riflettere, mi gettai sulla schiena dell'orco più grosso tagliandogli la gola; prima che l'altro potesse estrarre le armi gli rovinai addosso insieme al corpo morto del suo interlocutore e puntandogli il coltello alla gola lo minacciai ordinandogli di dirmi dove avessero intenzione di tendere l’imboscata. A quelle parole l’orco prese a ridere selvaggiamente rivelandomi che la trappola era predisposta per me e che avevo appena abboccato all’esca. “Nell’udire quelle parole il sangue mi si gelò nelle vene e furioso per la mia stupidità gli assestai, con l’elsa del pugnale, un colpo così forte da fracassargli il grugno. Nel frattempo sentii il braccio lurido di un altro orco cingermi la vita e sollevarmi da terra, ma rapido come il lampo invertii l’impugnatura rivolgendo la lama verso il basso e gliela piantai nelle reni, costringendolo a lasciarmi ricadere a terra. Ma più di una mezza dozzina di orchi si disposero in cerchio intorno a me e non avrei avuto scampo se non fosse sopraggiunto Ghiro. Che soffiando nel suo corno con tutta l’anima arrivò di corsa caricando gli orchi e agitando vorticosamente la clava.” “Gli orchi, presi alla sprovvista, indietreggiarono ed io ebbi il modo di sottrarmi all’accerchiamento, unendomi alla corsa di mio fratello ci gettammo su di loro che non risposero subito all’attacco, più in preda a stupore e incredulità alla vista di due Hobbit alla carica, piuttosto che a paura.” “Così riuscimmo ad abbattere i primi due: Ghiro si chinò a raccogliere un sasso che scagliò con precisione nei genitali dell’avversario più vicino, che piegato in due dal dolore mise incautamente la testa nnel raggio d’azione della clava di Ghiro che gli fracassò elmo e cranio, mentre io piantai il coltello nella gamba di un altro, però l’effetto fu quello di una puntura di vespa, e l’orco con un calcio mi fece volare via come un fuscello, caddi sulla schiena e l’orco mi raggiunse in un balzo, mi sollevò di peso prendendomi per la gola, ma ancora Ghiro mi salvò fracassando la schiena del mio assalitore con un colpo di clava sulla colonna vertebrale mentre nello stesso momento schivava come in una danza scatenata i colpo degli altri orchi, che comunque non sembravano intenzionati ad ucciderci quanto a catturarci il più intatti possibile. “La lotta fu dura ma si protrasse per pochi minuti, io avevo solo ferite superficiali, ma Ghiro era ridotto male e aveva addirittura un pugnale da lancio nel costato; un normale Hobbit sarebbe già morto ma mio fratello era un abile curatore e probabilmente aveva potenziato il suo corpo con canti di potere e meditazioni prima della lotta. Degli orchi nessuno si era salvato, soprattutto per merito di Ghiro.” “Mi avvicinai a lui mentre si estraeva il pugnale da lancio dal corpo gemendo di dolore. Dopo di che si lasciò cadere a terra esausto. <<Ghiro come ti senti? Cosa posso fare? Ti serve qualche erba?>> << Sto male Furiadoc, sto morendo. Dammi qualcosa da mangiare, non voglio morire a stomaco vuoto. No, non discutere, so quello che dico e ti ripeto che sto per morire.>> <<No, fratello mio, tu non te ne andrai così! Non è giusto!>> <<Infatti non me ne andrò così. Non voglio morire per mano degli orchi. Voglio che sia tu ad uccidermi. Ti voglio bene, fallo per me e non discutere, è già abbastanza brutto.>> <<Ti voglio bene anche io Ghiro!>> <<Non farmi troppo male, Furiadoc>> con un sorriso pronunciò le sue ultime parole e mentre lo abbracciavo, piangendo, misi fine alla sua vita.” Detto questo a Tobaldo, Furiadoc si girò nel letto e si abbandonò ai singhiozzi e alle lacrime finché la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò. Il povero Hobbit non riuscì mai a raccontare ad altri tutta la storia perché ogni volta che pronunciava il nome il nome di suo fratello il cuore gli diventava pesante e il ricordo gli procurava dolore. Così fu Tobaldo a fare il resoconto dell’accaduto al Gran Maestro, che prese nota di tutti i fatti tenendone conto per i futuri progetti. Dopo pochi giorni Furiadoc si ristabilì. Evelyyn creò per Furiadoc su misura in modo che non ostacolasse la sua agilità anzi la favorisse. E Venegor forgiò per l’Hobbit due nuove lame, leggere e maneggevoli, ma mortifere come mai Furiadoc ebbe occasione di maneggiarne. Fu così che il piccolo Hobbit, con un pesante fardello da portare, riprese a combattere le Ombre insieme ai Custodi della Fiamma di Anor.

Le disavventure di Furiadoc dalla morte di suo fratello Ghiro in avanti

Furiadoc non era mai stato un ragazzo facile, era una testa calda, faceva quello che gli andava di fare e solo raramente prestava orecchio ai consigli dei saggi. Dopo la tragica morte di suo fratello, Furiadoc era rimasto sconvolto; si riteneva direttamente responsabile per ciò che era accaduto e non riusciva a darsi pace. In un primo tempo aveva tentato di riprendere servizio nelle file dei Custodi, ma non era nella condizione ideale per essere utile. Non erano certo la furia o l'impeto a macargli in battaglia, anzi si dedicava alla caccia degli orchi con ancor più impegno per vendicare suo fratello Ghiro. Ciò che mancava al giovane hobbit erano la concetrazione e la lucidità, spesso capitava che si lanciasse in inseguimenti suicidi e finiva spesso per cadere nelle imboscate nemiche, mettendo così in pericolo,oltre che la sua, anche le vite di Nefar e Aledan a cui era stato chiesto di tenere d'occhio Furiadoc fino a che non si fosse ristabilito anche mentalmente. Tuttavia le cose invece di migliorare peggioravano, così si decise di attuare una diversa strategia affidando Furiadoc alle cure di una zelante menestrella, Evelysa, che adottò il malcapitato e tantò di tenerlo lontano dai guai. Furiadoc, costretto lontano dai campi di battaglia cercò consolazione nell'oblio dell'alcol e dell'erba pipa. Come ben saprete gli hobbit sono grandi consumatori di entrambi, ma Furiadoc non si contentava delle dosi abbondanti bensì esagerava sempre e finiva per ubriacarsi e attacr briga per qualunque sciocchezza rimediando sempre come minimo un occhio nero o addirittura qualche osso rotto. Evelysa fece ancora un tentativo di recuperare il povero hobbit, ma Furiadoc non sopportava l'autorità "materna" così si crearono dissapori tra i due e il ruolo di Evelysa divenne sempre più difficile. Una dopo l'altra tutte le locande da Gran Burrone alla alle Aule di Thorin bandirono il giovane hobbit che delapidò il suo restante patrimonio acquistando merce di contrabbando e di pessima qualità. La situazione pareva in caduta libera, se non fosse capitato che Xiv (diventato nonno adottivo di Furiadoc), il quale si recava nelle paludi della contea per dare la caccia ai nani dourhands, inciampasse nel corpo addormentato e puzzolente di birra rancida del giovane nipote.

Xiv rovinò a terra affondando la faccia nella melma putrida, rialzandosi snocciolò una serie di imprecazioni così terribili che persino un orco sarebbe parso impallidito. Si girò e strizzando gli occhi cercò nel buio la cagione della sua caduta. Li per li non scorse nulla ma dopo pochi secondi si avvide di un piede peloso che spuntava da sotto un mantello verde al lato della stretta via. Si avvicinò al fagotto incuriosito chiedendosi cosa faceva un hobbit steso a terra li in mezzo alla palude nel cuore della notte. Quando scostò il mantello quasi svenne per l'odore di birra rancida che si levava dal piccolo corpo ma era comunque un nano abituato alle taverne e alle sronze quindi riprese presto il pieno controllo dei suoi sensi. Sfidando il tanfo si avvicinò al ancor più fino a vedere in volto l'hobbit. L'espressione di sorpresa e disgusto che si dipinse sul suo volto quando riconobbe il malcapitato nipote non è descrivibile in nessuna delle lingue da me conosciute.

Da quel momento Xiv si impegnò a rimettere in sesto lo stupido hobbit e con una volontà di roccia e una severità che solo un severo nano può avere sopportò le sue crisi, lo tenne lontano dalla bottiglia e dalla pipa arrivando perfino ad incatenarlo in casa, lo inseguì quando tentò di scappare, lo sottopose a lavori pesanti e lunghe camminate su e giù per le ered luin sotto il suo vigile occhio per rimettere in forma il fisico inflacidito dell'hobbit. Da prima Furiadoc vedeva il nano come se fosse il suo carceriere e lo odiava con tutto se stesso. Ma la dove l'amicizia di Aledan e Nefar e lo spirito materno di Evelysa avevano fallito la cocciutaggine di Xiv riusci nell'impresa. Con il tempo Furiadoc si disintossicava e ritrovava vigore inoltre gli esercizi di Xiv tenevano la sua testa impegnata impedendogli di ripensare al fratello. Il rapporto tra i due andò migliorando, Furiadoc si rendeva conto che il nano stava facendo tutto questo per lui e gliene fu grato. Ora non era più necessario con Xiv obbligasse con la forza Furiadoc ma era lo stesso hobbit che cercava consiglio dal nano. Fu così che tra i due cominciarono veramente ad andare d'accordo e insieme andavano a caccia e controllavano i confini facendo la loro parte nel difenderli dall'oscurità. Xiv insegnò a Furiadoc il valore della disciplina, il quale tuttavia rimase sempre piuttosto impulsivo, ma almeno non metteva più in pericolo il gruppo con le proprie avventate iniziative.

Si può dire che nel giro di pochi mesi Furiadoc fosse completamente tornato in sè: beveva ben poco, molto meno di quanto ci si aspetti da un comune hobbit, era in forma smagliante e sebbene non dimenticasse affatto il fratello defunto era giunto alla ovvia conclusione, grazie a molte ed a volte agitate conversazioni con il nonno Xiv, che comportarsi come si era comportato non avrebbe portato da nessuna parte ma che invece rientrare nelle file dei Custodi gli avrebbe permesso quanto meno di combattere per evitare che altri patissero per mano del Nemico ciò che lui e suo fratello Ghiro avevano patito.

Strumenti personali
Namespace
Varianti
Azioni
Navigazione
Strumenti