La storia dei Custodi

Da Custodi Della Fiamma Di Anor.

(Differenze fra le revisioni)
(Prologo)
(Seconda pergamena - Le origini "la prima alba")
Riga 105: Riga 105:
La società dei Custodi cresceva forte e florida, ma la marea era destinata a mutare anche per loro.
La società dei Custodi cresceva forte e florida, ma la marea era destinata a mutare anche per loro.
-
Correva l'anno 2993 della Terza Era quando [[Valandur]], XXXVII erede in linea diretta di Thoron, era Gran Maestro dei Custodi. <br> Un giorno condusse una lunga battuta di caccia agli orchi portando con sè gran parte dei suoi fedeli guerrieri. Quando tornò a casa l'orrore era sceso su di loro: il villaggio era stato attaccato da un folto gruppo di uomini malvagi che non diede scampo ai Custodi rimasti. Le case erano in fiamme, pochi i superstiti, Valandur si fiondò dentro casa sua e lì trovò la sua bella e giovane moglie Silmarien morta sgozzata; il figlio [[Valandil]] di appena 10 anni era stato portato via. <br>
+
Correva l'anno 2993 della Terza Era quando [[Valandur]], XXXVII erede in linea diretta di Thoron, era Gran Maestro dei Custodi. <br> Un giorno condusse una lunga battuta di caccia agli orchi portando con sè gran parte dei suoi fedeli guerrieri. Quando tornò a casa l'orrore era sceso su di loro: il villaggio era stato attaccato da un folto gruppo di uomini malvagi che non diede scampo ai Custodi rimasti. Le case erano in fiamme, pochi i superstiti, Valandur si fiondò dentro casa sua e lì trovò la sua bella e giovane moglie Silmarien morta sgozzata; il figlio [[Veon|Valandil]] di appena 10 anni era stato portato via. <br>
L'Ordine dei Custodi fu sconvolto dal duro colpo, Valandur si mise immediatamente sulle tracce degli aggressori, nel disperato tentativo di ritrovare il figlio e vendicare la moglie. Invane furono le lunghe ricerche compiute dal Maestro e dai suoi fedelissimi, finchè un giorno, ormai assalito dalla disperazione, Valandur non prestò molta attenzione e cadde in una imboscata.  
L'Ordine dei Custodi fu sconvolto dal duro colpo, Valandur si mise immediatamente sulle tracce degli aggressori, nel disperato tentativo di ritrovare il figlio e vendicare la moglie. Invane furono le lunghe ricerche compiute dal Maestro e dai suoi fedelissimi, finchè un giorno, ormai assalito dalla disperazione, Valandur non prestò molta attenzione e cadde in una imboscata.  
Perì così il Gran Maestro dei Custodi e l'Ordine si sciolse, dopo i gravissimi colpi subiti. I suoi fedelissimi però continuarono anche negli anni a venire a guidare parti dell'Ordine, seppur separate e ormai non più forti come un tempo.
Perì così il Gran Maestro dei Custodi e l'Ordine si sciolse, dopo i gravissimi colpi subiti. I suoi fedelissimi però continuarono anche negli anni a venire a guidare parti dell'Ordine, seppur separate e ormai non più forti come un tempo.

Versione delle 17:19, 20 set 2010

Indice

Un sonoro colpo seguito da una ventata d'aria, qualcuno doveva aver sbattuto la porta. Nella piccola cella di pietra riecheggiano subito il suono di passi decisi che si dirigono verso la figura di un nano dai capelli bianchi ricurvo su una scrivania di legno scuro, mentre studia delle pergamene alla fioca luce di una candela. L'ospite raggiunse lo studioso, ma questi non sembrava neanche essersi accorto del nuovo venuto.
Un colpo di tosse e l'ospite parlo "Salute sono Xiv Dekusul, Scudo di Dwalin, sto cercando l'archivista"
"mmm, si si, un minuto" l'attenzione non si spostava dalla pergamena
Xiv si tolse un ciondolo dal collo e lo mise davanti all'anziano nano "vedi questo? è il simbolo dei Custodi della Fiamma di Anor, sono in missione per conto di Thorombar il Saggio, una missione urgente" la voce si fece più tagliente "quindi se mi vuoi indicare dove trovo l'archivista, potrai riprendere subito a perdere tempo con quella cosa" indicando la pergamena.
"questa cosa? è un importante pergamena della seconda era" finalmente alzo lo sguardo e fisso il fulvo nano che gli si parava davanti, dritto negli occhi "e per quanto riguarda l'archivista, cosa può fare per Thorombar il Grande? non è molto avvezzo all'uso delle armi, non vedo come possa aiutare un combattente"
"devo scrivere la storia dei custodi e quindi l'unica arma che gli servirà sarà una penna da intingere nell'inchiostro"
"e hanno affidato il compito al più rissoso nano della taverna di brolin? Xiv la spina del Drago o la pinta di malto?"
vedendo il viso del giovane nano diventare rosso, mentre serrava stretti i pugni, lo studioso subito riprese
"prima che tu mi rompa il naso con il tuo forte maglio, lasciami dare l'indicazione da te richiesta" tirando fuori dalla tunica un ciondolo identico a quello di Xiv:
"sono Decus Biancatormenta, l'archivista! e sarò onorato di aiutarti nel tuo compito."

I primi reperti

"usa quella scala e prendimi quella scatola di legnoferro lassu su quello scafale" Decus indicava una alta scafalatura sulla destra appena oltre la porta che conduceva agli archivi "fai attenzione il contenuto di quella scatola è importante"
Una volta adagiata la scatola sul grande tavolo, l'archivista prese un portachiavi dalla cintura e fra le innumerevoli chiavi di varia fattura scelse con sicurezza una chiave dalla strana forma. Con questa aprì il forziere e ne tolse con cura il contenuto. Avvolti in soffici panni di lana, Decus estrasse dei rotoli di pergamena adagiandoli ordinatamente sul piano della tavolo.
"Qui troverai l'inizio della tua storia, Gandalf in persona me li consegno un giorno prima di partire per Gran Burrone in compagnia di Gundabur, quando ancora i custodi dormivano" dicendo questo apri un rotolo e ne svolse delicatamente la pergamena porgendola a Xiv "su su leggi"

Prima pergamena - Le origini "al di la del mare e del tempo"

Era buio, una brezza soffiava da occidente facendo sventolare i vessilli sulle torri; alla finestra stava un uomo, i raggi della luna illuminavano una fascia obliqua del suo volto, mettendo in risalto gli occhi neri, profondi come il mare che stava osservando.
“E' giunta l'ora” disse un uomo anziano al suo fianco
“Si” affermò il primo, poi si voltò ad incontrare gli occhi del suo interlocutore, una certezza lo colse all'improvviso “E così si compie il destino degli Uomini” “Forse non è la fine, ma di questo passo non tarderà ad arrivare.”
“La decisione è già stata presa?”
“Si, non passerà molto prima che lo diano alle fiamme.”
D'un tratto la porta sbattè, un giovane era appena uscito di corsa.
“Ma dov'è andato?”chiese l'uomo anziano “Dannazione, torna qui!” gridò l'altro; per risposta ottenne solamente l'ululato del vento.


Il giovane corse per le vie della cittadella, fuggiva ed era gravemente ferito, il sangue scendeva copioso, cercava di confondersi tra le ombre delle case per non essere visto. La casa era ormai vicina, improvvisamente sentì le guardie che lo rincorrevano, non poteva farsi prendere proprio ora, sarebbe stata la fine e non poteva nemmeno andare a casa di suo padre, sebbene non l'avessero visto in faccia la sua famiglia sarebbe stata la prima sospettata, i Fedeli erano sempre i primi ad essere indagati. Decise di cambiare direzione, conosceva bene quelle strade, la casa verso cui era ora diretto distava solo qualche miglio, ma in quelle condizioni sembravano centinaia, il respiro si faceva sempre più affannato, il braccio era ferito ma non poteva lasciare il fardello che portava con sè, aveva faticato troppo per conquistarlo; si sentì un idiota, mettere a repentaglio la propria vita e quella dei suoi cari con questa improvvisazione. Si fermò in un angolo, per un attimo pensò di lasciare tutto, aprì un istante il manto nel quale era avvolta la sua conquista e la luce che emanò bastò a riempirgli il cuore di speranza, la sua determinazione era ora forte più che mai. Riprese a correre tra le vie, finchè non giunse alla porta del suo amico, lì si accasciò privo di forze.

“E' ancora vivo.” disse l'uomo anziano.
“Si, ma non so ancora quanto resisterà”.
“Folle di un fratello!” sbottò un giovane.
“No, Anarion, tuo fratello ha compiuto un'impresa che verrà ricordata nei secoli a venire.”
Il giovane Anarion abbassò la testa, poi disse “Avremmo potuto organizzarci, quest'improvvisazione potrebbe costargli la vita.”
“Ma anche salvare la vita di molti. Dì, saresti tu andato ad aiutarlo se l'avesse proposto?”
“Basta voi due! Anarion, sii rispettoso del gesto di tuo fratello. E tu, Elendil, figlio mio, non mascherare il tuo dispiacere con accuse infondate.”
“Perdonami padre.” disse Elendil. Poi si voltò verso il padrone di casa “Ti ringrazio di averci mandato a chiamare subito, Thoron.”
“E' il minimo che potessi fare. Ho cercato di medicare Isildur come meglio ho potuto nel frattempo.”
Il silenzio scese nella sala. Isildur giaceva come morto, la vita degli Uomini lo stava abbandonando, gli altri lo guardavano con profonda commozione per quell'impresa che nessuno di loro aveva nemmeno pensato. “Dobbiamo custodire il germoglio.” disse Thoron.
“Si, dobbiamo farlo crescere. Presto sarà tempo di partire e quella volta viaggerà con noi.”
“Io non partirò con voi” disse il vecchio, gli altri lo guardarono stupiti, solo Elendil abbassò lo sguardo, facendo capire che era al corrente di ciò che stava accadendo.
“Seguirò la scelta di Earendil! Come lui solcherò i mari in direzione di Aman, invocando il perdono dei Valar.”


Passarono alcuni anni, il germoglio venne custodito e crebbe. Ed a lui era legato anche il destino di Isildur, la vita tornò a scorrere possente in lui. Presto la situazione precipitò ed accadde ciò che tutti i Fedeli temevano.
“Debbo andare” disse l'anziano.
“Padre, lascia che venga con te”
“No. Farai come stabilito e non aspettarmi”
“Ma...”
“Basta figliolo! Non si tratta di noi due soltanto, grandi forze sono in gioco, il tuo compito è importante quanto il mio, solo con questa consapevolezza potrai farcela.”
“Lo so”
“Sono certo che sarai all'altezza” disse poi l'anziano padre appoggiando teneramente la mano sulla spalla del figlio e rassicurando il suo sguardo con un sorriso. Poi si mosse, indossando un mantello grigio ed avviandosi verso la porta.
“Che i Valar ti proteggano, Amandil, figlio di Numendil, del sangue di Elros, padre adorato.”
“Possa la tua strada condurti lontano” rispose il vecchio e superò l'uscio, ma subito dopo si volse ed aggiunse “e mi raccomando, chiama solo i più fidati”, detto questo sparì nella notte.

Elendil chiamò i suoi figli dicendo “Anarion, và ad Armenelos, chiama a raccolta i Fedeli della zona, dirigiti poi al Porto di Romenna, non tardare, all'alba si salpa. Isildur, a te spetta portare il virgulto. Io andrò a chiamare Thoron e gli altri che vivono ad Andunie.”
Detto questo si incamminò dirigendosi verso la casa dell'amico. Quando arrivò non fece neanche in tempo a bussare che la porta si aprì, all'interno il fuoco di una lanterna illuminava la stanza principale e parte del volto di Thoron.
“Ti aspettavo, entra” disse il padrone di casa.
“Come sapevi che sarebbe stato oggi?” chiese l'ospite.
“L'ho sentito nell'aria, l'ho percepito nel cuore. Ma ora entra, metto la tisana sul fuoco?”
“Grazie, ma abbiamo poco tempo, dobbiamo prepararci tutti ed affrettarci.”
“Gli altri sono già pronti. Ho dato ordine di prepararsi lasciando il superfluo, non ci vorrà molto per radunarli tutti. Comunque hai ragione, è bene affrettarsi, niente tisana è meglio una birra” e così dicendo porse un boccale di coccio pieno di birra fino all'orlo.
L'ospite prese il boccale, il padrone di casa lo vide soffermarsi sul fine decoro, un albero dalle mille fronde, i cui boccioli brillavano come l'argento, ed il suo sguardo incupirsi.
“Dimmi, Amandil è già partito?” chiese.
“Si, poco fa” rispose l'ospite, poi aggiunse “Sono in pena, Thoron, è un compito arduo, i Valar non saranno clementi una seconda volta. Spero solamente che valuti bene la situazione e lasci perdere tutto se troppo rischioso.”
“Haha, è una vana speranza amico mio, lo sai come è fatto tuo padre, porterà a compimento la sua missione o non tornerà affatto.”
“Si, lo so bene, ma mi dà conforto pensarci.” Quindi si alzò, non vi erano più ombre nel suo sguardo ora, appariva fiero e deciso. “E' ora di muoverci”
Con un ultimo lungo sorso Thoron finì la prelibata bevanda e si alzò “Andiamo”.

I due camminarono fianco a fianco, erano abbastanza simili tra loro, pressappoco della stessa altezza, leggermente sopra la media, fisico possente dovuto agli anni di addestramento alle arti di guerra, lo sguardo fiero, ma Thoron aveva i capelli grigio argento, gli occhi verdi e lineamenti dolci ma decisi, l'amico capelli corvini, occhi neri e lineamenti più severi. Per anni avevano condiviso le loro avventure, il legame tra loro era molto forte. Bussarono alle porte dei compagni che dovevano radunare, i quali si fecero trovare già preparati, come aveva detto Thoron. In breve radunarono tutti e si avviarono verso il porto. Con loro erano anche anziani, donne e bambini e la marcia procedette lentamente ma in assoluto silenzio.

Quando giunsero ai porti le navi erano già pronte, molta gente era già sistemata, Anarion ed Isildur stavano organizzando tutto per la partenza.
Venne portato un grosso vaso coperto da un mantello, la gente cominciò a borbottare chiedendosi cosa fosse. Allora Elendil salì su un rialzo e, levando il manto, disse:
“Mirate gente! Questo è un vigulto di Nimloth il Bello, l'Albero Bianco fatto bruciare da Re Ar-Pharazon in preda alla follia dei consigli di Sauron. Mio figlio Isildur lo salvò, rischiando la vita. Questo è un segno di speranza, il dono che si tramanda dai Valar e dagli Elfi ed ora sopravvive al male continuando con gli Uomini. Noi lo porteremo nella Terra di Mezzo ove lo pianteremo! Alle navi, l'ora è giunta!”
Detto questo saltò giù avviandosi verso Thoron, passando tra la gente piena di stupore e rinfrancata dalla notizia che l'Albero continuava a vivere.
Thoron, desidero che tu comandi una delle navi.” disse Elendil.
“D'accordo” disse l'amico.

Fu così che i Fedeli abbandonarono l'isola di Numenor quando la grande flotta del Re muoveva guerra ai Valar. Nulla più si seppe di Amandil, che invano dunque aveva tentato di salvare il popolo degli Uomini agli occhi dei Valar. La Caduta di Numenor segnò la morte del mondo dei Grandi Uomini così come lo si conosceva allora, ma il gesto dei Fedeli e la loro fuga verso la Terra di Mezzo venne risparmiata dalla furia dei Valar che permisero loro di giungervi sani e salvi, seppur non senza difficoltà.

Seconda pergamena - Le origini "la prima alba"

Nella Terra di Mezzo furono accolti da Gil-Gald e gli elfi che vivevano con lui. Instaurarono un buon rapporto, ma non passò molto tempo che i Numenoreani partirono verso est per fondare i propri regni. La marcia avvenne a scaglioni, gli ultimi due gruppi erano quelli di Isildur, che portava con se il virgulto di Nimloth, e quello di Thoron, a cui era affidata la retroguardia.
Dopo pochi giorni di viaggio accadde l'inaspettato: una foltissima schiera di orribili creature, probabilmente orchi, attaccò il gruppo di Isildur alle spalle. Thoron assistette alla scena da lontano, dicendo ai suoi
“Non possiamo permettere che l'Albero venga distrutto, dobbiamo attirarli su di noi”.
Così dicendo il piccolo gruppo di Thoron si lanciò alla carica addosso all'esercito nemico, con tutta la foga che avevano in corpo. Gli orchi in un primo momento colti di sorpresa dovettero difendersi, lasciando perdere Isildur che riuscì a fuggire con i suoi. L'intento di Thoron era riuscito, ma ora la situazione era disperata: i nemici erano nettamente superiori di numero e presto li circondarono. L'aria si faceva densa, le nubi coprivano il cielo, la notte calò fitta su di loro. I numenoreani si chiusero a guscio e riuscirono a respingere i primi assalti, ma il numero gli era nettamente sfavorevole e ben presto la stanchezza li assalì; la speranza li stava abbandonando, non c'era via di fuga e la fine ormai era vicina.
Fu allora che Thoron chiuse gli occhi e pregò dentro di sè Anor, il Sole, di soccorrerli con la propria forza. Alzò poi gli occhi al cielo ed in quell'istante un raggio squarciò le nubi, forte e possente, illuminandogli il volto. Egli protese la spada verso il cielo gridando “Anor!”, la sua lama brillò e parve che una fiamma l'avvolgesse. A quella visione i nemici indietreggiarono, spaventati dalla figura maestosa che torreggiava di fronte a loro. Il Sole si liberò del tutto illuminando ogni angolo, sconfiggendo le tenebre. Thoron ed i suoi fedeli compagni si gettarono sul nemico con una furia devastante. Molti morirono sotto i loro colpi, tanti altri fuggirono a gambe levate ed infine giunse l'esercito di Elendil chiamato da Isildur, mettendo in rotta il nemico.
Fu una grande vittoria, tutti festeggiavano ed inneggiavano al proprio capitano, ma egli era assorto: inginocchiandosi guardò verso il cielo Anor splendere luminoso
“D'ora in avanti custodirò la Tua Fiamma, possa essere la mia guida!” Un raggio lo illuminò quasi a voler suggellare il patto.
Si levò poi da terra e si girò verso i compagni che lo osservavano, sollevò la spada e gridò
“Che la Fiamma di Anor Divampi!”
“Per Anor!” risposero con un solo grido i suoi compagni.

Thoron

Fu così che venne fondato l'Ordine dei Custodi della Fiamma di Anor.
Era l'anno 3320 della Seconda Era e da allora moltissimi altri anni sono passati ed altrettante sono le imprese che i Custodi hanno compiuto nella Terra di Mezzo. Le loro fila hanno abbracciato anche gli altri Popoli Liberi della Terra di Mezzo, non più solo Uomini ma anche gli Elfi si unirono ben presto all'Ordine; più tardi giunsero i primi Nani, sulle prime riluttanti, alcuni di loro senza entare in contatto con gli Elfi ma impegnandosi nelle proprie terre; giunse persino qualche Hobbit, molto di rado beninteso e perlopiù della famiglia Tuc.
Non c'è stato evento al quale i Custodi non abbiano preso parte, spesso lavorando in segreto, poche volte ringraziati ed ancor meno premiati, ora ricordati solo da pochi Maestri di Sapere o da qualche bardo che ancora canta le loro gesta, magari non sapendo nemmeno chi fossero.


La società dei Custodi cresceva forte e florida, ma la marea era destinata a mutare anche per loro. Correva l'anno 2993 della Terza Era quando Valandur, XXXVII erede in linea diretta di Thoron, era Gran Maestro dei Custodi.
Un giorno condusse una lunga battuta di caccia agli orchi portando con sè gran parte dei suoi fedeli guerrieri. Quando tornò a casa l'orrore era sceso su di loro: il villaggio era stato attaccato da un folto gruppo di uomini malvagi che non diede scampo ai Custodi rimasti. Le case erano in fiamme, pochi i superstiti, Valandur si fiondò dentro casa sua e lì trovò la sua bella e giovane moglie Silmarien morta sgozzata; il figlio Valandil di appena 10 anni era stato portato via.
L'Ordine dei Custodi fu sconvolto dal duro colpo, Valandur si mise immediatamente sulle tracce degli aggressori, nel disperato tentativo di ritrovare il figlio e vendicare la moglie. Invane furono le lunghe ricerche compiute dal Maestro e dai suoi fedelissimi, finchè un giorno, ormai assalito dalla disperazione, Valandur non prestò molta attenzione e cadde in una imboscata. Perì così il Gran Maestro dei Custodi e l'Ordine si sciolse, dopo i gravissimi colpi subiti. I suoi fedelissimi però continuarono anche negli anni a venire a guidare parti dell'Ordine, seppur separate e ormai non più forti come un tempo.

La Rinascita

"interessante vero?" l'anziano nano era seduto sorseggiando una bevanda calda che lasciava un profumo di campo di grano al sole estivo "non sapevi che c'erano stati dei custodi prima di noi?"
Xiv alzo gli occhi dalla pergamena che aveva appena finito di leggere, guardo Decus accigliato "ma non hai una birra invece di quella brodaglia?" leggere metteva sempre sete al nano, era un tipo di sforzo a cui non era abituato "comunque ne avevo sentito parlare, da quello che ne so, mio padre, ne faceva parte"
"Dwalin? sorprend..."
"no non Dwalin" lo interruppe "il mio padre biologico, Dekus "l'incudine nera", Gandalf mi disse che faceva parte di un gruppo di tredici nani detti i custodi, è per quello che sono un Custode"
"interessante, molto interessante" l'archivista prese appunti su una pergamena "i primi custodi nani...interessante" borbottava assorto, un colpo di tosse di Xiv lo riportò dal luogo in cui si erano persi i suoi pensieri.
"scusa, si certo, scusa, tieni" porse a Xiv un altra pergamena "questa l'ho scritta io, beh in realtà fu Gandalf stesso a dettarla, ma leggi su su leggi"

Terza pergamena - Le origini "la seconda alba"

E' l'anno 3018 della Terza Era ed un uomo che non ricorda niente del suo passato giunge per caso, ma forse non per caso, a Granburrone, ove resta un po' di tempo e apprende molte cose dal sapere dagli elfi, entra in contatto con i Raminghi e con loro gira in lungo ed in largo per la Terra di Mezzo.
Si fa chiamare Veon, è alto, capelli argentati e occhi verdi. Un giorno, tornato a Granburrone, incontra lo Stregone Gandalf che è molto interessato alla sua storia. Dopo essersi fatto raccontare più particolari possibili lo Stregone scompare per qualche mese.
Quando tornò era in compagnia di un anziano nano. Molti elfi lo guardavano di traverso ma egli procedeva fiero e impettito senza curarsene. Si riunirono dunque Gandalf, Elrond, Veon ed il nano. Lo Stregone parlò, ma senza troppi convenevoli
“Veon, questi è Gundabur, figlio di Thrandur, ora abbassati per cortesia”.
Veon era un po' perplesso da quella strana situazione ma aveva ormai imparato che gli Stregoni sono persone assai misteriose, dunque lo assecondò. Il nano disse un “permetti” e senza attendere risposta gli sollevò i capelli in modo da liberare la nuca, cospargendola poi con una strana sostanza. Dopo poco tempo sul collo di Veon apparvero dei segni, tre antiche rune, simboleggianti C,F,A. Il nano si inchinò e disse “Ben ritrovato!”.
Veon non capiva ed anche gli elfi che si era radunati ad assistere alla scena erano sbalorditi, solo Gandalf sembrava ridacchiare sotto la lunga barba folta.
Presto le cose vennero spiegate, quello era il marchio che veniva inciso sui discendenti di Thoron, egli dunque non era altri che Valandil, figlio di Valandur, XXXVIII erede in linea diretta di Thoron, il primo Gran Maestro dei Custodi.

Non fu facile convincere Veon delle sue origini, ma ben presto molti fatti gli vennero raccontati e tutto quadrava a perfezione anche con la sua amnesia.

Passato un po' di tempo, Veon si stava abituando alle nuove scoperte, anche se ben poco sapeva del suo passato; ma quello che lo premeva di più era il futuro: notizie nefaste giungevano da ogni angolo della Terra di Mezzo, una grande ombra era all'opera. Un giorno stava camminando in un portico di Granburrone quando venne raggiunto dai tre.
“E' giunta l'ora, Veon!” disse Gandalf.
Gli occhi di Gundabur cominciarono a brillare, Veon socchiuse i suoi guardando lo Stregone, cominciando ad intuire ciò che intendeva dire.
“Dalle ceneri rinascerà la Fiamma” aggiunse Elrond in tono solenne
“Ormai sono divisi, l'Ordine è spezzato” sentenziò Veon.
“Le nostre asce sono ancora affilate, non abbiamo mai smesso di lottare. Anche gli altri Maestri sono rimasti fedeli. Ci manca solo una guida che ci riunisca!”
Veon era titubante, era un grande cambiamento, iniziò a passeggiare lungo il portico assorto, poi vide un affresco raffigurante due alberi splendenti, un albero d'argento ed uno d'oro, le immagini di Telperion e Laurelin portarono la sua mente a vagare in tempi remoti, a ricordare le grandi imprese del passato. Fissò Laurelin a lungo, poi si voltò di scatto:
“E sia! Che la Fiamma di Anor Divampi!”

Strumenti personali
Namespace
Varianti
Azioni
Navigazione
Strumenti