La storia dei Custodi

Da Custodi Della Fiamma Di Anor.

Un sonoro colpo seguito da una ventata d'aria, qualcuno doveva aver sbattuto la porta. Nella piccola cella di pietra riecheggiano subito il suono di passi decisi che si dirigono verso la figura di un nano dai capelli bianchi ricurvo su una scrivania di legno scuro, mentre studia delle pergamene alla fioca luce di una candela. L'ospite raggiunse lo studioso, ma questi non sembrava neanche essersi accorto del nuovo venuto.
Un colpo di tosse e l'ospite parlo "Salute sono Xiv Dekusul, Scudo di Dwalin, sto cercando l'archivista"
"mmm, si si, un minuto" l'attenzione non si spostava dalla pergamena
Xiv si tolse un ciondolo dal collo e lo mise davanti all'anziano nano "vedi questo? è il simbolo dei Custodi della Fiamma di Anor, sono in missione per conto di Thorombar il Saggio, una missione urgente" la voce si fece più tagliente "quindi se mi vuoi indicare dove trovo l'archivista, potrai riprendere subito a perdere tempo con quella cosa" indicando la pergamena.
"questa cosa? è un importante pergamena della seconda era" finalmente alzo lo sguardo e fisso il fulvo nano che gli si parava davanti, dritto negli occhi "e per quanto riguarda l'archivista, cosa può fare per Thorombar il Grande? non è molto avvezzo all'uso delle armi, non vedo come possa aiutare un combattente"
"devo scrivere la storia dei custodi e quindi l'unica arma che gli servirà sarà una penna da intingere nell'inchiostro"
"e hanno affidato il compito al più rissoso nano della taverna di brolin? Xiv la spina del Drago o la pinta di malto?"
vedendo il viso del giovane nano diventare rosso, mentre serrava stretti i pugni, lo studioso subito riprese
"prima che tu mi rompa il naso con il tuo forte maglio, lasciami dare l'indicazione da te richiesta" tirando fuori dalla tunica un ciondolo identico a quello di Xiv:
"sono Decus Biancatormenta, l'archivista! e sarò onorato di aiutarti nel tuo compito."


I primi reperti

"usa quella scala e prendimi quella scatola di legnoferro lassu su quello scafale" Decus indicava una alta scafalatura sulla destra appena oltre la porta che conduceva agli archivi "fai attenzione il contenuto di quella scatola è importante"
Una volta adagiata la scatola sul grande tavolo, l'archivista prese un portachiavi dalla cintura e fra le innumerevoli chiavi di varia fattura scelse con sicurezza una chiave dalla strana forma. Con questa aprì il forziere e ne tolse con cura il contenuto. Avvolti in soffici panni di lana, Decus estrasse dei rotoli di pergamena adagiandoli ordinatamente sul piano della tavolo.
"Qui troverai l'inizio della tua storia, Gandalf in persona me li consegno un giorno prima di partire per Gran Burrone in compagnia di Gundabur, quando ancora i custodi dormivano" dicendo questo apri un rotolo e ne svolse delicatamente la pergamena porgendola a Xiv "su su leggi"


Prima pergamena - "Le origini al di la del mare e del tempo"

Era buio, una brezza soffiava da occidente facendo sventolare i vessilli sulle torri; alla finestra stava un uomo, i raggi della luna illuminavano una fascia obliqua del suo volto, mettendo in risalto gli occhi neri, profondi come il mare che stava osservando.
“E' giunta l'ora” disse un uomo anziano al suo fianco <br “Si” affermò il primo, poi si voltò ad incontrare gli occhi del suo interlocutore, una certezza lo colse all'improvviso “E così si compie il destino degli Uomini” “Forse non è la fine, ma di questo passo non tarderà ad arrivare.”
“La decisione è già stata presa?” <br “Si, non passerà molto prima che lo diano alle fiamme.”
D'un tratto la porta sbattè, un giovane era appena uscito di corsa.
“Ma dov'è andato?”chiese l'uomo anziano “Dannazione, torna qui!” gridò l'altro; per risposta ottenne solamente l'ululato del vento.


Il giovane corse per le vie della cittadella, fuggiva ed era gravemente ferito, il sangue scendeva copioso, cercava di confondersi tra le ombre delle case per non essere visto. La casa era ormai vicina, improvvisamente sentì le guardie che lo rincorrevano, non poteva farsi prendere proprio ora, sarebbe stata la fine e non poteva nemmeno andare a casa di suo padre, sebbene non l'avessero visto in faccia la sua famiglia sarebbe stata la prima sospettata, i Fedeli erano sempre i primi ad essere indagati. Decise di cambiare direzione, conosceva bene quelle strade, la casa verso cui era ora diretto distava solo qualche miglio, ma in quelle condizioni sembravano centinaia, il respiro si faceva sempre più affannato, il braccio era ferito ma non poteva lasciare il fardello che portava con sè, aveva faticato troppo per conquistarlo; si sentì un idiota, mettere a repentaglio la propria vita e quella dei suoi cari con questa improvvisazione. Si fermò in un angolo, per un attimo pensò di lasciare tutto, aprì un istante il manto nel quale era avvolta la sua conquista e la luce che emanò bastò a riempirgli il cuore di speranza, la sua determinazione era ora forte più che mai. Riprese a correre tra le vie, finchè non giunse alla porta del suo amico, lì si accasciò privo di forze.
“E' ancora vivo.” disse l'uomo anziano.
“Si, ma non so ancora quanto resisterà”.
“Folle di un fratello!” sbottò un giovane.
“No, Anarion, tuo fratello ha compiuto un'impresa che verrà ricordata nei secoli a venire.”
Il giovane Anarion abbassò la testa, poi disse “Avremmo potuto organizzarci, quest'improvvisazione potrebbe costargli la vita.”
“Ma anche salvare la vita di molti. Dì, saresti tu andato ad aiutarlo se l'avesse proposto?”
“Basta voi due! Anarion, sii rispettoso del gesto di tuo fratello. E tu, Elendil, figlio mio, non mascherare il tuo dispiacere con accuse infondate.”
“Perdonami padre.” disse Elendil. Poi si voltò verso il padrone di casa “Ti ringrazio di averci mandato a chiamare subito, Thoron.”
“E' il minimo che potessi fare. Ho cercato di medicare Isildur come meglio ho potuto nel frattempo.”
Il silenzio scese nella sala. Isildur giaceva come morto, la vita degli Uomini lo stava abbandonando, gli altri lo guardavano con profonda commozione per quell'impresa che nessuno di loro aveva nemmeno pensato. “Dobbiamo custodire il germoglio.” disse Thoron.
“Si, dobbiamo farlo crescere. Presto sarà tempo di partire e quella volta viaggerà con noi.”
“Io non partirò con voi” disse il vecchio, gli altri lo guardarono stupiti, solo Elendil abbassò lo sguardo, facendo capire che era al corrente di ciò che stava accadendo.
“Seguirò la scelta di Earendil! Come lui solcherò i mari in direzione di Aman, invocando il perdono dei Valar.”


Passarono alcuni anni, il germoglio venne custodito e crebbe. Ed a lui era legato anche il destino di Isildur, la vita tornò a scorrere possente in lui. Presto la situazione precipitò ed accadde ciò che tutti i Fedeli temevano.
“Debbo andare” disse l'anziano.
“Padre, lascia che venga con te”
“No. Farai come stabilito e non aspettarmi”
“Ma...”
“Basta figliolo! Non si tratta di noi due soltanto, grandi forze sono in gioco, il tuo compito è importante quanto il mio, solo con questa consapevolezza potrai farcela.”
“Lo so”
“Sono certo che sarai all'altezza” disse poi l'anziano padre appoggiando teneramente la mano sulla spalla del figlio e rassicurando il suo sguardo con un sorriso. Poi si mosse, indossando un mantello grigio ed avviandosi verso la porta.
“Che i Valar ti proteggano, Amandil, figlio di Numendil, del sangue di Elros, padre adorato.”
“Possa la tua strada condurti lontano” rispose il vecchio e superò l'uscio, ma subito dopo si volse ed aggiunse “e mi raccomando, chiama solo i più fidati”, detto questo sparì nella notte.

Elendil chiamò i suoi figli dicendo “Anarion, và ad Armenelos, chiama a raccolta i Fedeli della zona, dirigiti poi al Porto di Romenna, non tardare, all'alba si salpa. Isildur, a te spetta portare il virgulto. Io andrò a chiamare Thoron e gli altri che vivono ad Andunie.”
Detto questo si incamminò dirigendosi verso la casa dell'amico. Quando arrivò non fece neanche in tempo a bussare che la porta si aprì, all'interno il fuoco di una lanterna illuminava la stanza principale e parte del volto di Thoron.
“Ti aspettavo, entra” disse il padrone di casa.
“Come sapevi che sarebbe stato oggi?” chiese l'ospite.
“L'ho sentito nell'aria, l'ho percepito nel cuore. Ma ora entra, metto la tisana sul fuoco?”
“Grazie, ma abbiamo poco tempo, dobbiamo prepararci tutti ed affrettarci.”
“Gli altri sono già pronti. Ho dato ordine di prepararsi lasciando il superfluo, non ci vorrà molto per radunarli tutti. Comunque hai ragione, è bene affrettarsi, niente tisana è meglio una birra” e così dicendo porse un boccale di coccio pieno di birra fino all'orlo.
L'ospite prese il boccale, il padrone di casa lo vide soffermarsi sul fine decoro, un albero dalle mille fronde, i cui boccioli brillavano come l'argento, ed il suo sguardo incupirsi.
“Dimmi, Amandil è già partito?” chiese.
“Si, poco fa” rispose l'ospite, poi aggiunse “Sono in pena, Thoron, è un compito arduo, i Valar non saranno clementi una seconda volta. Spero solamente che valuti bene la situazione e lasci perdere tutto se troppo rischioso.”
“Haha, è una vana speranza amico mio, lo sai come è fatto tuo padre, porterà a compimento la sua missione o non tornerà affatto.”
“Si, lo so bene, ma mi dà conforto pensarci.” Quindi si alzò, non vi erano più ombre nel suo sguardo ora, appariva fiero e deciso. “E' ora di muoverci”
Con un ultimo lungo sorso Thoron finì la prelibata bevanda e si alzò “Andiamo”.

I due camminarono fianco a fianco, erano abbastanza simili tra loro, pressappoco della stessa altezza, leggermente sopra la media, fisico possente dovuto agli anni di addestramento alle arti di guerra, lo sguardo fiero, ma Thoron aveva i capelli grigio argento, gli occhi verdi e lineamenti dolci ma decisi, l'amico capelli corvini, occhi neri e lineamenti più severi. Per anni avevano condiviso le loro avventure, il legame tra loro era molto forte. Bussarono alle porte dei compagni che dovevano radunare, i quali si fecero trovare già preparati, come aveva detto Thoron. In breve radunarono tutti e si avviarono verso il porto. Con loro erano anche anziani, donne e bambini e la marcia procedette lentamente ma in assoluto silenzio.

Quando giunsero ai porti le navi erano già pronte, molta gente era già sistemata, Anarion ed Isildur stavano organizzando tutto per la partenza.
Venne portato un grosso vaso coperto da un mantello, la gente cominciò a borbottare chiedendosi cosa fosse. Allora Elendil salì su un rialzo e, levando il manto, disse:
“Mirate gente! Questo è un vigulto di Nimloth il Bello, l'Albero Bianco fatto bruciare da Re Ar-Pharazon in preda alla follia dei consigli di Sauron. Mio figlio Isildur lo salvò, rischiando la vita. Questo è un segno di speranza, il dono che si tramanda dai Valar e dagli Elfi ed ora sopravvive al male continuando con gli Uomini. Noi lo porteremo nella Terra di Mezzo ove lo pianteremo! Alle navi, l'ora è giunta!”
Detto questo saltò giù avviandosi verso Thoron, passando tra la gente piena di stupore e rinfrancata dalla notizia che l'Albero continuava a vivere.
“Thoron, desidero che tu comandi una delle navi.” disse Elendil.
“D'accordo” disse l'amico.

Fu così che i Fedeli abbandonarono l'isola di Numenor quando la grande flotta del Re muoveva guerra ai Valar. Nulla più si seppe di Amandil, che invano dunque aveva tentato di salvare il popolo degli Uomini agli occhi dei Valar. La Caduta di Numenor segnò la morte del mondo dei Grandi Uomini così come lo si conosceva allora, ma il gesto dei Fedeli e la loro fuga verso la Terra di Mezzo venne risparmiata dalla furia dei Valar che permisero loro di giungervi sani e salvi, seppur non senza difficoltà.

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